Friday 18 February 2011

Incertezze sperimentali

 Come si valutano le incertezze sperimentali?

I cosiddetti “errori sperimentali” sono di due tipi. Ci sono gli errori sistematici dovuti a scarsa accuratezza e calibrazione dello strumento, oppure as un uso improrio, e ci sono gli errori accidentiali. Mentri i primi si possono eliminare, i secondi non si eliminano perché dovuti al caso. Essi si osservano come delle fluttuazioni casuali che si ottengono ripetendo la misura più volte. Si manifestano quando  lo strumento è abbastanza  sensibile. Se, ripetendo più volte le misure, ottengo sempre esattamente la stessa lettura, significa che lo strumento che sto usando è poco sensibile. Se possiamo far misure solo con uno strumento poco sensibile e quindi otteniamo sempre la stessa lettura, come incertezza, prendiamo la sensibilità dello strumento.
Aumentando progressivamente la sensibilità dello strumento, le misure cominceranno a variare sull’ultima cifra. Più grande è questa variazione, più misure converrà fare per aumentare la precisione della misura. La media infatti ha una precisione maggiore delle singole misura.
Quante misure fare? Ci si può basare sul seguente metodo semi-empirico che è pensato per avere un valor medio con un errore dell’ordine dell’1%. Metodo: si fanno tre misure e si ottengono tre dati x1,x2,x3. Se ne calcola il valore medio x=(x1+x2+x3)/3, e la semi-dispersione massima, cioè metà differenza tra i due valori più distanti, D=(xmax-xmin)/2. Si fa calcola la percentuale T=(D/ x).100 , e si segue la seguente regola:
Se T< 1%, bastano le tre misure. Se 1%< T < 4%, allora si devono fare 6 misure. Se 4% < T < 8%, ci vogliono 15 misure e se T > 8% almeno 50 misure
Una volta fatte le misure si stima l’incertezza con l’analisi stocastica.

I risultati che le misure forniscono sono visti come i valori di una variabile stocastica (casuale) discreta. Si procede allora una stima della variabile fatta nel seguente modo. Si calcolano:

Il primo è il valore medio stimato con la media empirica, La seconda quantità si dice varianza del campione di dati X. La terza quantità è la variaza del valor medio stimato.
Si stima la misura della grandezza con la media empirica e incertezza della misura con l’incertezza della stima come nella figura seguente.


Ossia l'incertezza è la radice quadrata della variaza del valor medio stimato.
Riassumendo: nella “misura diretta” l’incertezza della misura si stima così.
Incertezza associata a un’unica misura: se si è fatta un’unica misura, si può prendere la sensibilità dello strumento, cioè la quantità minima apprezzabile su quello strumento. Questo tuttavia va fatto con discernimento e con moltissima prudenza, considerando se altri fattori non possano rendere maggiore l’errore come ad esempio la difficoltà nella lettura della scala o determinazione del valore per via grafica.
Se si fanno poche misure: in questo caso si può prendere la semi-dispersione: D=(xmax-xmin)/2.
Se si hanno molte misure: si calcola la varianza del valor medio stimato.

Vediamo ora come si procede se si ha una “misura indiretta”. Questo capita quando la grandezza che mi interessa F non viene misurata direttamente, bensì viene calcolata mediante una formula F(a,b,…) in cui compaiono le quantità misurate (a,b,…). Per quanto riguarda il valore di F, se ho eseguito più misure delle quantità a,b,…, ne calcolo le medie a, b ,... e le sostituisco nella formula, cioè F = F(a,b ,...). E per l’incertezza di F ? Uso la formula della propagazione dell’incertezza:


dove  Ua, Ub, ... sono le incertezze delle grandezze a e b. Le derivate parziali compaioni in valore assoluto.