Thursday 11 April 2013

Domanda di teoria - conservazione energia

Discutere la conservazione dell'energia

Ci sono delle grandezze fisiche che sono delle costanti del moto. Una costante del moto è una grandezza che resta invariata durante l'evoluzione del sistema. Abbiamo visto per esempio il momento angolare, che, nel caso del campo gravitazionale e se calcolato rispetto al centro del campo, rimane costante.  Così, nell'orbita dei pianeti, se il pianeta è vicino al sole esso si muove più veloce, e se è lontano, si muove più lento. Il prodotto vettoriale del raggio vettore e della velocità resta però costante.

Le costanti del moto sono quindi degli oggetti che sono conservati durante l'evoluzione nel tempo del sistema. Cercare quindi le costanti del moto ci porta a stabilire delle leggi di conservazione. Oltre a quella riguardante il momento angolare, esiste la conservazione dell'energia. L'energia in meccanica coinvolge i concetti di energia cinetica, energia potenziale e lavoro. 
Vediamo che forma ha l'energia quando diventa una costante del moto. Consideriamo  una forza che lavora su una particella che si muove tra due punti dello spazio. Supponiamo che il lavoro non dipenda dal percorso fatto tra i due punti. Immaginiamo quindi che la forza provenga da un campo definito in una certa regione dello spazio e che, scelta la coppia di punti iniziale A e finale B  facendo un percorso qualsiasi da A a B, si ottenga sempre lo stesso lavoro.  

Prendiamo A, B ed il riferimento O come in figura. :


L’espressione è valida per l’additività del lavoro come integrale. Poiché il lavoro non dipende dal percorso, il lavoro L(O->B) sarà una funzione W solo del punto iniziale O e del punto finale B; lo stesso vale per L(O->A), che è una funzione W del punto O e del punto B. Il lavoro L(A->B) è quindi la differenza della funzione  W, valutata una volta come W(O,B) e un'altra volta come funzione W(O,A).  Si definisce l’energia potenziale U(O,A) come –W(O,A) e U(O,B) come –W(O,B).
Ricordiamo inoltre che vale il teorema dell’energia cinetica. Quindi:

La somma dell’energia cinetica e dell’energia potenziale è l’energia meccanica totale, che è una costante del moto se la forza un lavoro che non dipende del percorso fatto ma solo dai punti iniziale e finale. Siccome la costante del moto "energia" resta costante al variare del tempo, si dice che l'energia è conservata. 
La forza che genera una dinamica con l'energia costante è una forza conservativa.

Notiamo anche che l’energia potenziale è data a meno di una costante. Supponiamo di avere oltre al punto O un altro punto O’.
L’energia potenziale è data a meno della costante U(O’,O) che non ha influenza nel calcolo della differenza di energia potenziale.

Riferimenti inerziali e non


In fisica, un sistema inerziale (anche sistema di riferimento inerziale o sistema di riferimento galileiano) è un riferimento in cui si vede verificato il primo principio della dinamica (principio di inerzia). In questo sistema viene verificata la Seconda Legge di Newton, senza la nacessità di introdurre delle forze fittizie per giustificare il moto delle masse. Inoltre, tutti i sistemi inerziali sono in uno stato di moto rettilineo l'uno rispetto all'altro, non stanno quindi accelerando l'uno rispetto all'altro. Un sistema di riferimento non inerziale è un sistema accelerato rispetto ad uno inerziale. Con questo si intende che il riferimento non inerziale è un sistema che accelera o ruota, o entrambe le cose, rispetto a quello inerziale.
Le misure fatte in un sistema inerziale possono essere convertite nelle misure fatte in un altro riferimento inerziale da una semplice trasformazione (le trasformazioni di Galileo nella fisica newtoniana e le trasformazioni di Lorentz nella relatività speciale). Le leggi fisiche hanno la stessa forma in tutti i sistemi inerziali. In un riferimento non inerziale, le leggi della fisica dipendono dall'accelerazione di tale riferimento, e quindi le forze fisiche devono essere integrate da forze fittizie. In sintesi, in un sistema di riferimento inerziale, le leggi della meccanica prenderanno il loro aspetto più semplice.
In un sistema inerziale, la prima legge di Newton (la legge di inerzia), è soddisfatta: Qualsiasi movimento libero ha una velocità costante in modulo e direzione. La seconda legge di Newton per una particella assume la forma:

F = m a

con F la forza risultante (un vettore), m la massa di una particella e a accelerazione della particella (un vettore), che sarebbe misurata da un osservatore a riposo nel riferimento. La forza F è la somma vettoriale di tutte le "reali" forze sulla particella (elettromagnetica, gravitazionale, nucleare e così via). Al contrario, la seconda legge di Newton in un sistema di riferimento accelerato, assume sempre la forma:

F'= m a’

che ha lo stesso aspetto come quella che si ha in un sistema inerziale, ma ora la forza F' non è solo la risultante di F, perché essa contiene ulteriori componenti.  Ad esempio, in un riferimento che ruota a velocità angolare Ω costante attorno ad un asse fisso, si ha:

F'= F 2m Ω x v'm Ω x (Ω x r')

dove la rotazione del riferimento è espressa dal vettore Ω, che indica la direzione dell'asse di rotazione, con una grandezza pari all'incremento dell'angolo di rotazione. Il  simbolo x indica il prodotto vettoriale tra due vettori. Il vettore r' individua la posizione del corpo e vettore v' è la velocità del corpo secondo un osservatore rotante (diversa dalla velocità v vista da un osservatore inerziale). I termini in più in F' sono  "fittizi" (il primo termine supplementare è la forza di Coriolis, la seconda la forza centrifuga).Questi termini hanno la seguente proprietà: svaniscono quando Ω = 0, cioè, sono pari a zero per un sistema inerziale (il che, ovviamente, non ruota).

Tutti gli osservatori concordano sulle forze reali, F; solo gli osservatori non inerziali hanno bisogno di forze fittizie. Le leggi della fisica nel sistema inerziale sono più semplici perché le forze fittizie non sono presenti.

Al tempo di Newton, le stelle fisse erano state scelte come riferimento inerziale, dato che si presumevano in quiete rispetto allo spazio assoluto. In riferimenti che erano a riposo rispetto alle stelle fisse o in traslazione uniforme rispetto a queste stelle, valevano le leggi di Newton del moto. Al contrario, in riferimenti accelerati rispetto alle stelle fisse,  le leggi del moto non hanno la loro forma più semplice, ma devono essere integrate con l'aggiunta di forze fittizie. Ai giorni nostri il concetto di sistemi inerziali di riferimento non è più legato a uno delle stelle fisse o allo spazio assoluto. Piuttosto, l'identificazione di un sistema inerziale si basa sulla semplicità delle leggi della fisica. In particolare, l'assenza di forze fittizie è la loro proprietà di identificazione.

Discutiamo ora le trasformazioni da un sistema ad un altro, secondo Galileo.


Prendiamo un sistema fisso xyz ed uno mobile x’y’z'. Ricordiamo che i vettori posizione soddisfano la regola della somma vettoriale. Derivando la somma rispetto al tempo otteniamo che la velocità v di un punto P osservata nel sistema fisso xyz è uguale alla somma della velocità v’ osservata in x’y’z' più la velocità V del riferimento x'yz''.

.v=v’+V (*)

Supponiamo che V sia costante: se deriviamo rispetto al tempo le velocità vediamo che

a=a’

Vediamo quindi la stessa accelerazione in xyz ed in x’yz'’. Quindi per la legge di Newton:

F=ma=ma’

Adesso immaginiamo che x’yz'’ si muova accelerando con una accelerazione A rispetto ad xyz. Derivando la (*) si ha:

 a=a’+A

E quindi la legge di Newton diventa, F=ma=ma’+mA, F−mA=ma’

Facciamo un esempio. Un oggetto viene lasciato cadere all’interno di un vagone che si muove accelerando.



Un osservato fermo vicino alla strada ferrata, vede l’oggetto cadere secondo la verticale sotto l’effetto della gravità. Un osservatore sul vagone invece lo vede cadere verso la parte posteriore del vagone. Egli pensa che sull’oogetto agiscono due forze: la gravità ed una “attrazione” da parte della parete di fondo.



Ecco che per l’osservatore sul sistema accelerato compare la forza fittizia F(fittizia)=-mA.
Se abbiamo una massa vincolata al soffitto del vagone con una fune, all’osservatore sul vagone che accelera, la fune appare avere un’inclinazione rispetto alla verticale.


L’osservatore pensa che la massa sia in equilibrio sotto l’effetto della gravità, della tensione del filo e dell’attrazione della parete di fondo. Un osservatore fisso rispetto alla strada ferrata vede invece il filo inclinato perché la tensione della fune deve avere una componente orizzontale, tale da dare alla massa m un’accelerazione orizzontale pari ad A.


Domanda di teoria - Momento angolare in coordinate polari

Discutere il momento della quantità di moto in coordinate polari.

Prima di discutere il momento del vettore “quantità di moto”, ricordiamo che le coordinate polari di un punto nel piano sono basate sulla distanza r da un polo fisso, data dal modulo del raggio vettore che unisce il polo al punto P e sull’angolo tra la direzione del raggio vettore e l’asse di riferimento (ad esempio x in figura) 

Il legame delle coordinate cartesiane con le coordinate polari è dato da x=r cosθ, y=r sinθ.
Consideriamo ora una traiettoria e un punto su di essa P. A P, la velocità è tangenziale la traiettoria. Prendiamo ora il riferimento polare e disegniamo la direzione radiale (ur) e la direzione a essa perpendicolare (uθ). In genere, il vettore velocità ha una direzione diversa dalle due direzioni ur uθ.

Possiamo pensare di scomporre il vettore velocità in due componenti, come in figura seguente:


La componente della velocità diretta come direzioni ur è detta “radiale”, quella diretta come uθ è detta “trasversa” o trasversale. Per quanto riguarda i moduli delle due componenti si ha che vr=dr/dt, che indica la variazione della distanza radiale nel tempo, e vθ= r dθ/dt che indica una rivoluzione sulla circonferenza di raggio r a una velocità angolare data da dθ/dt.
Quindi:


Calcoliamo ora il momento di questa velocità rispetto al polo del riferimento polare:


 Il primo prodotto è nullo perché prodotto esterno di vettori paralleli. Vediamo quindi che rimane solo il termine che contiene la velocità trasversale. Moltiplichiamo per la massa per avere il momento della quantità di moto:


Il vettore momento della quantità di moto è perpendicolare al piano che contiene il raggio vettore e il vettore velocità. La direzione di questo vettore è data da quella del vettore unitari uz. Notiamo che, utilizzando le componenti polari della velocità, nell’espressione finale compare solo la componente trasversale della velocità, che contiene una velocità angolare. Ciò giustifica il fatto che il momento della quantità di moto venga detto “momento angolare” Siccome raggio vettore e direzione trasversa sono perpendicolari, il modulo è semplice da calcolare.

Wednesday 10 April 2013

Treasure Map

Long John Silver, a pirate, has buried his treasure on an island with five trees located at the following points: A (30.0 m, –20.0 m), B (60.0 m, 80.0 m), C (–10.0 m, –10.0 m), D (40.0 m, –30.0 m), and E (–70.0 m, 60.0 m). All of the points are measured relative to some origin, as in Figure. Long John’s map instructs you to start at A and move toward B, but cover only 1/2 the distance between A and B. Then move toward C, covering 1/3 the distance between your current location and C. Then move toward D, covering 1/4 the distance between where you are and D. Finally, move toward E, covering 1/5 the distance between you and E, stop, and dig.

A (30.0 m, –20.0 m), B (60.0 m, 80.0 m), C (–10.0 m, –10.0 m)
D (40.0 m, –30.0 m), and E (–70.0 m, 60.0 m).

The intermediate points are F,G,H and I. For each of coordinates x and y:
 F = A + 1/2 (B - A)
 G = F + 1/3 (C - F)
 H= G + 1/4 (D - G)
 I = H + 1/5 (E - H)

Vectors:
F = (30,-20) + 1/2 ((60,80) - (30,-20)) = (30,-20) + 1/2 (30,100) =  (45, 30)

 G = (45,30) + 1/3 ((-10,-10) - (45, 30)) = (45, 30) + 1/3 (-55, -40) =
= (45-55/3,30-40/3)
 
H= ... 

or you can use a program

XA=30.0
YA=-20.0
XB=60.0
YB=80.0
XC=-10.0
YC=-10.0
XD=40.0
YD=-30.0
XE=-70.0
YE=60.0
XF=XA+(XB-XA)/2.
YF=YA+(YB-YA)/2.
XG=XF+(XC-XF)/3.
YG=YF+(YC-YF)/3.
XH=XG+(XD-XG)/4.
YH=YG+(YD-YG)/4.
XI=XH+(XE-XH)/5.
YI=YH+(YE-YH)/5.
print *,XI,YI
output: 10. 16.



Treasure Island is an adventure novel by author Robert Louis Stevenson, narrating a tale of "buccaneers and buried gold". Traditionally considered a coming of age story, it is an adventure tale known for its superb atmosphere, character and action, and also a wry commentary on the ambiguity of morality—as seen in Long John Silver—unusual for children's literature then and now. The influence of Treasure Island on popular perception of pirates is vast, including treasure maps with an 'X', schooners, the Black Spot, tropical islands, and one-legged seamen with parrots on their shoulders.

Velocità e accelerazione in coordinate polari

Velocità e accelerazione in coordinate polari.
  
Abbiamo discusso la velocità e l’accelerazione secondo le coordinate cartesiane ed anche intrinsecamente alla traiettoria. Ora discutiamo come si scrivono utilizzando un riferimento polari.
Immaginiamo di avere una particella che si muove su una certa traiettoria. Noi sappiamo che la sua velocità, come vettore, deve essere tangente la traiettoria. Passiamo ora a scomporre questa velocità secondo due direzioni, che sono quella radiale, ossia del raggio vettore che va dal polo O alla posizione P della particella, e quella trasversa, che corrisponde all’incremento dell’azimut, l’angolo che c’è la direzione radiale e l’asse di riferimento OX. Notiamo che queste direzioni NON sono legate alle direzioni intrinseche alla traiettoria (tangente e centripeta). La direzione radiale e quella trasversa sono tra di loro perpendicolari.


Dato che le due direzioni, radiale e trasversa, sono perpendicolari l’una all’altra, abbiamo che la velocità ha due componenti: quella radiale e quella trasversa. Ossia la velocità della particella è un vettore somma di due vettori componenti come nella figura seguente:


 Dimostriamo che:


Indichiamo in una figura le direzioni del vettori unitari e scriviamo come si può esprimere il raggio vettore da O a P secondo. Esso è il prodotto del modulo r, distanza di P da O, e del suo vettore unitario (versore).


 Deriviamo il raggio vettore secondo il tempo.


Che è ciò che volevamo dimostrare. Abbiamo utilizzato la derivata del versore radiale. Ricordiamoci che la derivata di un vettore che ha  modulo costante è sempre un vettore perpendicolare al vettore da derivare. La derivata del versore radiale è quindi pari al versore trasverso, moltiplicato per la derivata dellìangolo rispetto al tempo. Quanto vale la derivata del versore trasversale? Vediamolo nella seguente figura.



La derivata del versore trasverso deve essere un vettore a esso perpendicolare. E' quindi il versore radiale, cambiato di segno, moltiplicato per la derivata dell'angolo rispetto al tempo.
Utilizzando questo risultato, svolgiamo i calcoli:

Quindi abbiamo che: 



Monday 8 April 2013

Oscillatore smorzato


Un oscillatore armonico è un sistema che, se spostato dalla sua posizione di equilibrio, sperimenta una forza di richiamo F proporzionale allo spostamento x secondo la legge di Hooke: F=−kx dove k è una costante positiva. Se F è l'unica forza che agisce sul sistema, il sistema è detto oscillatore armonico semplice, ed è sottoposto al moto armonico semplice: oscillazioni sinusoidali attorno al punto di equilibrio, con un’ampiezza costante e una frequenza costante (che non dipende dall'ampiezza). Se una forza di attrito (smorzamento) proporzionale alla velocità è anche presente, l'oscillatore armonico è descritto come un oscillatore smorzato. In tale situazione, la frequenza delle oscillazioni è più piccola rispetto al caso non smorzato, e l'ampiezza delle oscillazioni diminuisce con il tempo. Se una forza esterna dipendente dal tempo è presente, l'oscillatore armonico è descritto come un oscillatore forzato. L'oscillatore armonico semplice non ha alcuna forza motrice e nessun attrito (smorzamento), quindi la forza netta è solo F=−kx. Usando la seconda legge di Newton: F=ma, otteniamo:

Definiamo ωo2 =k/m, l’equazione si scrive allora:


La soluzione generale è: x=Acos(ωot+ф), dove l’ampiezza è A e la fase iniziale ф, che soddisfano le condizione iniziali. Un oscillatore armonico forzato è dato dall'equazione: 


.dove  A0 è l’ampiezza della forzante ed ωf  è la pulsazione della forzante.
Lo smorzamento può essere visto come una forza sincrona alla velocità ma opposta in verso. Per smorzamento si può quindi assumere la forza F legata a v da F=−cv dove c è il coefficiente di attrito viscoso, dato in newton-secondo/metro.
 
Nell’oscillatore smorzato la massa è attaccata ad una molla e ad uno smorzatore (damper). Nell’equazione seguente, il coefficiente di smorzamento è rappresentato da b.

Un oscillatore armonico smorzato soddisfa l’equazione:

 

 dove b è determinato sperimentalmente dalla relazione  F = − bv. Un esempio è un oscillatore posto sott’acqua, se si suppone che la forza esercitata dall’acqua sia lineare in v.  La pulsazione dell’oscillatore smorzato è: 

 dove Ξ=b/2m. La pulsazione data dalla radice quadrata si dice pulsazione ridotta.
Per trovare questo risultato applichiamo il metodo di soluzione dell’equazione tramite i numeri complessi. Proponiamo che la soluzione sia:



Sostituisco nell’eq(*):


Per essere soddisfatta l’equazione, il numero complesso in parentesi quadra deve essere nullo. Devono essere nulle quindi la parte reale e la parte immaginaria.



.da cui si ricava che il coefficiente di smorzamento dell ampiezza e: μ=b/(2m).

Inoltre

da cui la pulsazione ridotta data sopra.
Notiamo che quest'ultima equazione può dar luogo a pulsazioni reali oppure a pulsazioni immaginarie. Nel caso che   ωo  è maggiore di b/2m, allora    ω è reale e la soluzione è un'oscillazione smorzata. Se invece   ωo  è minore o uguale a b/2m, allora    ω è complessa e pari a   ω =i q; la soluzione è un esponente decrescente e si dice che il moto e "sovrasmorzato". 

Forza elastica


Un materiale si dice elastico se si deforma sotto stress (ad esempio, sotto l’azione di forze esterne) ma poi ritorna alla sua forma originale quando lo stress è rimosso. La deformazione è detta in Inglese “strain”. Il regime elastico è caratterizzato da una relazione lineare tra forza applicata e deformazione, detta elasticità lineare. Questa legge è stata ricavata da Robert Hooke nel 1676. Il modello classico di elasticità lineare è la molla perfetta. Nella maggior parte dei casi, i materiali sono elastici solo per piccole deformazioni. Le molle sono solitamente realizzate in acciaio temprato.
La costante della molla (rigidità) è la forza applicata divisa per la quantità di deformazione. Per una molla di trazione o compressione, la costante ha l'unità di N/m, o simili. Molle che non siano allungate o compresse oltre il loro limite elastico seguono la legge di Hooke, che afferma che la forza con cui la molla reagice è direttamente proporzionale alla differenza della sua lunghezza da quella che ha a riposo: F=kx, x=LLo. La costante della molla è k.
La figura seguente mostra la molla a riposo.


Se scegliamo l’asse come in figura, con l’origine nella posizione del’estremo della molla a riposo, abbiamo la legge di Hooke scritta proprio come F=kx, perché x si identifica con la deformazione della molla. Il segno meno indica che la molla agisce con una forza come indicato nella figura seguente. Se la molla è allungata, la forza richiama verso l’origine. Se la molla viene compressa, la forza della molla spinge verso l’origine.


Se alla molla è attaccata una massa e se tra la massa e  il piano orizzontale non c’è attrito, allora l’equazione della dinamica cui obbedisce la massa è: F=kx=m a, per piccole deformazioni della molla. Infatti, se spostiamo la massa dalla posizione di equilibrio di una quantità x sappiamo che su di essa agisce una forza di richiamo F=−kx. L'equazione del moto è quindi:

                                                         
Un’equazione simile l’abbiamo incontrata studiando il pendolo. Esso è una particella di massa m appesa tramite una fune inestensibile e di massa trascurabile. Se spostiamo il punto dalla verticale, esso inizia ad oscillare intorno alla verticale. Sulla massa agiscono la tensione della fune ed il peso.
  

Per le piccole oscillazioni, indicando con θ l’angolo formato dal filo con la verticale, l’equazione della dinamica del pendolo è:  


La pulsazione del pendolo è Ω2=g/L, dove L è la lunghezza del filo e g l’accelerazione di gravità.  La soluzione dell'equazione è del tipo: θ=θo cos(Ωt+ф), dove θo è detta ampiezza e ф  è la fase iniziale. Questi due parametri sono determinati dalla condizione iniziale del moto. Il periodo di oscillazione del pendolo dipende solo dalla lunghezza del filo e dall'accelerazione di gravità.
Torniamo alla massa vincolata dalla molla alla parete. L'equazione del moto è:


Questa equazione è la stessa di quella del pendolo se al posto di x pensiamo di avere l'angolo θ e al posto del rapporto k/m il rapporto L/g. La soluzione allora sarà:


dove Ω2=k/m. La dinamica del sistema vincola la pulsazione ad  uno specifico valore. Esso non dipende dalle condizioni iniziali del moto e quindo non dipende dall’ampiezza xo, e dalla fase iniziale, ф.

Sunday 7 April 2013

Oscillatore forzato


L'oscillatore armonico semplice è determinato dall'equazione del moto: m a(t) + k x(t) = 0, che descrive il moto prodotto da una forza di richiamo elastica proporzionale allo spostamento della massa m dall'origine delle coordinate. a(t) indica l'accelerazione istantanea ed è pari alla derivata seconda di x rispetto al tempo.

La legge di questo moto è:

x(t)=A cos (ωot + φ)

dove ωo = √(k/m) è la pulsazione propria (o naturale) dell'oscillazione libera, mentre A e φ sono due costanti che dipendono dalle condizioni iniziali del moto. Siamo ora  interessati all'oscillatore forzato, che è un oscillatore armonico al quale si applica, oltre alla forza elastica, anche una forza esterna, armonica anch'essa, di frequenza arbitraria. L'equazione del moto diviene

m a(t) + k x(t) = F(t)

dove F(t)=Fo cos(ωt), è appunto la forza esterna. Assumiamo che il moto risultante sia ancora un moto armonico, e sostituiamo nell'equazione del moto la soluzione di prova:

x(t)=A cos (ωt)

Otteniamo l'equazione (-m ω2+k) A cos (ωt) = Fo cos(ωt), da cui otteniamo l'ampiezza del moto risultante in funzione dell'ampiezza Fo della forza applicata, e della pulsazione: 



La regione attorno ad ω0  è la regione in cui si ha una risonanza. La risonanza corrisponde ad un massimo dell’ampiezza. Anzi, nel caso che stiamo studiando c'è una divergenza. 


Studiando l'ampiezza dell'oscillazione come funzione della pulsazione della forza esterna appaiono immediate alcune considerazioni.
a) Data l'intensità della forza esterna, l'ampiezza delle oscillazioni è tanto maggiore quanto più la pulsazione della forza esterna ω è vicina alla pulsazione propria ω0 dell'oscillatore.
b) Pulsazioni molto maggiori o molto minori di ω0 tendono a ridurre l'ampiezza delle oscillazioni.
c) Per pulsazioni prossime ad ω0 avviene un fenomeno legato all’energia. L'energia della sorgente esterna si trasferisce in modo sempre più efficiente all'oscillatore, accumulandosi di periodo in periodo provocando oscillazioni sempre maggiori.
d) A ω = ω0 le oscillazioni diventano di ampiezza infinita. Nella realtà ciò non accade perché ci sono fenomeni di smorzamento.
Finora si è considerato l'oscillatore soggetto solamente alla forza di richiamo elastica e alla forza esterna periodica F(t)=F0cos(ωt). Nelle situazioni reali i sistemi oscillanti sono soggetti a fenomeni dissipativi, che smorzano cioè l'ampiezza delle oscillazioni dissipando energia. Ci possono essere diversi effetti dissipativi, quali l'attrito radente (se la massa scivola su di una superficie di appoggio scabra), all'attrito tra parti interne del sistema oscillante, all'attrito che il sistema incontra per la presenza di un mezzo viscoso. Quest’ultimo attrito  è  descrivibile per basse velocità da un'espressione del tipo:

Fattr= − γ v(t)=  − γ dx(t)/dt 

L'equazione del moto diviene

 m a(t)= F(t) − kx(t)  − γ v(t)  (*)

dove, a secondo membro, abbiamo messo la forza totale agente sull'oscillatore.
L'equazione è quindi:



Per determinare una soluzione della nuova equazione, assumiamo stavolta una soluzione di prova 

 x(t) = A cos (ωt+ф)

con l'idea di determinare le costanti A e ф  in modo che essa fornisca una soluzione dell'equazione del moto (*). Ricordiamo che ωo = √(k/m). Dopo una serie di derivazione e sostituzioni, si arriva al risultato che:



Ancora una volta forza e posizione x non sono in fase tra loro.
Per pulsazioni della forzante molto diverse dalla pulsazione propria dell'oscillatore l'ampiezza delle oscillazioni resta piccola. Man mano che ci si avvicina alla risonanza la risposta dell'oscillatore diventa sempre più grande. Essa non è infinita  ma raggiunge un massimo, determinato dal coefficiente di attrito del sistema. Il coefficiente d'attrito provoca  un piccolo cambiamento della frequenza di risonanza del sistema. La “risonanza dell’ampiezza” si ha per la pulsazione: 
.
Quindi la pulsazione di risonanza dell’ampiezza diminuisce all'aumentare dell'attrito. Il massimo dell'ampiezza si ha per una pulsazione forzante che è minore della pulsazione propria del sistema. Il picco di risonanza è sempre a sinistra della linea verticale corrispondente  alla pulsazione propria del sistema.
In genere la differenza tra la frequenza della risonanza dell'ampiezza e quella proria è piccola perché γ ha valori numerici molto piccoli rispetto a m e k.

L’andamento dello sfasamento è come mostrato nella seguente figura.

La “risonanza della fase” è sempre a -π/2. Quando siamo a questa risonanza, la forza che agisce sul sistema e la velocità risultano in fase. Infatti: x=A cos (ωt - pigreco/2). La velocità è dx/dt=Aωcos(ωt). Siccome la potenza è il prodotto della velocità per la forza, la potenza massima assorbità ci sarà quando queste due grandezze sono in fase.